SIMONA VINCI

 

UNA SEDIA PER ASCOLTARE: Paure e canti

Ci si siede in un teatro per ascoltare musica lirica, ci si siede davanti a un’amica per ascoltare il racconto delle sue paure. Simona Vinci, premio Campiello 2016 con “La prima verità”, ha portato in “Parla, mia paura” la narrazione di timori, tremori e speranze. E ha appena concluso a Bottega Finzioni un corso di letteratura fondato sull’opera lirica.

26 gennaio ore 17:30 Sala Ex Cinema Sferisterio

 

Simona Vinci

Vive a Budrio, in provincia di Bologna. Il suo esordio letterario risale al 1997, con il romanzo Dei bambini non si sa niente, edito da Einaudi nella collana Stile libero; il libro, vincitore nel 2000 del Premio Elsa Morante opera prima, fa ottenere alla scrittrice un grande successo di pubblico e di critica, suscitando anche scandalo e polemiche per il tema trattato. Il romanzo è stato tradotto in dodici paesi, tra i quali gli Stati Uniti. Nel 1999 il suo libro di racconti In tutti i sensi come l’amore arriva nella cinquina finale del Premio Campiello. Nel 2003, sempre al Premio Campiello, il suo romanzo Come prima delle madri si classifica al secondo posto per pochi voti. Nel 2009 è stata fra gli ospiti del festival letterario Mondello Giovani dedicato agli autori di nuova generazione. Collabora con vari quotidiani nazionali e ha lavorato per la televisione (su Rai 3 nel 2000 ha condotto Cenerentola, un programma di Gregorio Paolini, e nel 2006 Milonga Station, come autrice e conduttrice insieme a Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi) e per la radio (Radio Rai Due). È traduttrice letteraria dall’inglese (ha tradotto fra gli altri Steve Erickson). I suoi libri sono tradotti e pubblicati in quindici paesi. Il 29 marzo 2016, dopo otto anni di gestazione, esce il romanzo La prima verità pubblicato da Einaudi Stile libero, che vince il Premio Campiello 2016 e altri sei premi. a settembre 2017 pubblica il romanzo autobiografico Parla, mia paura nel quale narra la propria lotta contro la depressione e gli attacchi di panico.

Il libro “Parla mia paura”

Simona Vinci si immerge nella propria paura e cerca un linguaggio per confessarla. L’ansia, il panico, la depressione spesso restano muti: chi li vive si sente separato dagli altri e incapace di chiedere aiuto. Ma è solo accettando di «rifugiarsi nel mondo» e di condividere la propria esperienza che si sopravvive. La stanza protetta dell’analista e quella del chirurgo estetico, che restituisce dignità a un corpo di cui si ha vergogna, l’inquietudine della maternità, la rabbia della giovinezza, fino allo strappo iniziale da cui forse tutto ha avuto origine.

Scavando dentro sé stessa, Simona Vinci ci dona uno specchio in cui rifletterci. Si affida alle parole perché «le parole non mi hanno mai tradita». Perché nella letteratura, quando la letteratura ha una voce cosí nitida e intensa, tutti noi possiamo trovare salvezza.

È cominciata con la paura. Paura delle automobili. Paura dei treni. Paura delle luci troppo forti. Dei luoghi troppo affollati, di quelli troppo vuoti, di quelli troppo chiusi e di quelli troppo aperti. Paura dei cinema, dei supermercati, delle poste, delle banche. Paura degli sconosciuti, paura dello sguardo degli altri, di ogni altro, paura del contatto fisico, delle telefonate. Paura di corde, lacci, cinture, scale, pozzi, coltelli. Paura di stare con gli altri e paura di restare da sola. Nel posto in cui vivevo allora arrivava il richiamo lacerante dei piccoli rapaci notturni nascosti tra i rami degli alberi. Di notte, l’inferno indossava la maschera peggiore. Di notte, quando nelle case intorno si spegnevano tutte le luci, tutte le voci, quando sulla strada il fruscio delle automobili e dei camion si assottigliava.